Abbiamo detto più volte che quello che abbiamo nel piatto non è semplice cibo. Mangiamo per nutrirci, certo, ma il cibo assume un significato anche simbolico in molte culture. Il cibo ci collega ai ricordi delle persone noi care, all'abitudine dell'infanzia. Il modo in cui mangiamo o cuciniamo le pietanze ci mette in relazione con persone che come noi condividono le stesse tradizioni e abitudini.
forse hai sentito la frase siamo ciò che mangiamo ma è davvero così possiamo scegliere cosa mangiare e come mangiarlo e questa nostra scelta ci rappresenta fa parte della nostra identità E allora, cosa dire delle persone che lasciano il proprio paese per cercare fortuna in un luogo diverso da quello di nascita? I migranti? Oppure le seconde generazioni? Cosa mangiano loro? L'episodio di oggi parla di cibo e identità. pensieri e parole cultura per amanti della
Inizio con una piccola premessa. Per me scrivere questi episodi non è solamente condividere pezzi della cultura in cui sono cresciuta e a cui mi sento di appartenere. Scrivere è un modo di pensare, di riflettere e di condividere Per questi motivi l'episodio di oggi è soprattutto una riflessione su identità, cambiamento, abitudini e cibo Devo ringraziare Serena Marrocco per lo splendido saggio scritto su questo tema e Massimo Montanari per il suo libro Il cibo come cultura.
E poi l'autrice della raccolta Pecore Nere, un libro di racconti che sicuramente ti consiglio. Il semiologo francese Roland Barthes diceva che l'atto del nutrirsi è un linguaggio e i singoli alimenti le parole. Come ogni linguaggio anche quello del cibo ha le sue regole. In ogni cultura infatti ci sono tabù alimentari e alimenti esclusi, non accettati. La carne di cavallo non si mangia in tutti i paesi, ad esempio. Così come in Europa è raro vedere insetti serviti in un piatto.
Quando in Italia è stata introdotta recentemente la farina di grillo, molte persone hanno gridato allo scandalo. Poi ci sono gli abbinamenti. In alcuni paesi si abbinano determinati gusti e cibi, in altri alcune combinazioni non sono immaginabili. E qui nominiamo la famosa pizza con l'ananas. Queste abitudini possono cambiare con le nuove generazioni, certo.
In ogni caso il modo in cui cuciniamo o mangiamo ci rappresenta. E quando siamo all'estero, temporaneamente o a lungo termine, essere a contatto con persone che condividono queste tradizioni ci fa sentire parte di un gruppo, di una cultura. Il cibo è parte della nostra identità individuale. tutti i ricordi che abbiamo soprattutto legati alla nostra famiglia o alle nostre abitudini, quei ricordi belli legati al cibo, ai sapori e agli odori dell'infanzia.
Momenti che non possiamo rivivere e per questo cerchiamo di mantenerli vivi ripetendo il rituale, la tradizione. per questo cerchiamo a volte con poco successo di riprodurre le fantastiche ricette della nonna E qui confesso che io personalmente sono una zappa, sono imbranata, non sono brava a cucinare e quando provo a rifare le ricette di mia nonna viene un pasticchio.
Anche perché, diciamolo, le nonne non spiegano le ricette bene. La mia non conosce peso e misura e fa tutto a occhio. Un po' di questo, un po' di quello e tutto a lei viene buonissimo. È l'esperienza, possiamo dire. Comunque, la nostra identità come persone e poi la nostra identità collettiva di gruppo è anche legata al cibo.
I gusti che possiamo avere in comune con un'altra persona che in qualche modo ci capisce. La pensa come noi. Una ricetta ci può mettere in collegamento con persone della nostra stessa famiglia oppure con estranei. Proprio in questo modo il cibo può anche essere una porta per entrare in un nuovo paese in una cultura diversa. Se ci fermiamo a osservare, annusare, provare senza giudicare possiamo avvicinarci alla cultura dell'altro.
Mangiare è un atto che possiamo fare anche se non parliamo la lingua straniera. Una cosa semplice possiamo dire. Certo, semplice ma che dobbiamo fare nel rispetto di chi ha cucinato quel cibo per noi e ce lo sta offrendo. Mangiare un cibo che non conosciamo è un viaggio, se sappiamo ascoltare senza giudicare. Quando mangiamo un piatto dell'infanzia alimentiamo quel ricordo. Non dimentichiamo, teniamo viva la memoria e partecipiamo a questo viaggio con tutti i nostri sensi.
C'è un libro di racconti che posso consigliarti se ti piace leggere. Si chiama Pecore Nere e contiene racconti di quattro autrici che hanno un'identità divisa perché sono figlie di immigrati ma nate o cresciute in Italia. In questa raccolta c'è un racconto di Jabba Shego che parla proprio dell'identità e del cibo. La protagonista del racconto dice che le è successa una cosa stramba, strana, bizzarra. Ha comprato molte salsicce.
Subito ci chiediamo e cosa dovrebbe esserci di strano? Beh, se andiamo avanti nella lettura capiamo che chi scrive è una musulmana sunnita che non mangia la carne di maiale. E perché comprare delle salsicce? Quindi il racconto è un monologo interiore dove la ragazza si interroga sulla sua identità. Ha il passaporto italiano, infatti. E allora perché alcuni la considerano diversa? se mingoio queste salsicce una per una la gente lo capirà che sono italiana come loro identica a loro
Questo si chiede mentre pensa a come cucinarle queste salsicce. In padella? Lesse? Al forno? Non le ha mai cucinate e se la vedesse sua madre di certo prenderebbe un colpo. Si spaventerebbe. Le salsicce e il dilemma di come cucinarle sono il pretesto per riflettere sulla sua identità, che non si può certo dividere in due parti isabili. Ijaba o il suo personaggio non può affermare chiaramente di essere più italiana che somala o viceversa.
I due lati di sé convivono insieme, si fondono, si mescolano e creano quel complesso di riferimenti, memorie, gusti e caratteristiche che rendono unica una persona. L'identità della persona che parla è infatti ibrida. E allora, perché gli altri non capiscono? Perché deve arrostire salsicce per dimostrare qualcosa? È davvero necessario?
Molto carina è la lista che la protagonista fa di cose che la rendono italiana e altre cose che la rendono somala. Beve ad esempio il tè con cardamomo, chiodi di garofano e cannella. Mangia nello stesso piatto riso e banana, ma poi fa una colazione dolce oppure mangia un gelato stracciatella, pistacchio e cocco. Parla somalo e parla italiano, conosce a memoria tutte le parole della poesia il 5 maggio di Manzoni.
Insomma, le due realtà, le due culture sono profondamente unite nella stessa persona e non c'è modo di scegliere una o l'altra. Probabilmente queste sono le stesse riflessioni che coinvolgono numerosi ragazzi italiani considerati di prima generazione. nati da genitori stranieri ma cresciuti in Italia. Ragazzi che magari a casa mantengono un contatto forte con le tradizioni culinarie del paese di origine dei genitori.
ma fuori casa si confrontano con le tradizioni italiane che diventano parte di loro. Non è possibile per loro appartenere a un solo mondo, ma li vivono tutti e due secondo un equilibrio unico e personale. Forse è quello che abbiamo vissuto anche noi se siamo entrati a contatto con un'altra cultura per molto tempo o viviamo lontani dal nostro paese di nascita.
Forse viviamo anche noi questa identità divisa e attraverso il cibo possiamo entrare nel nuovo mondo o possiamo ricordare quello delle origini della nostra famiglia, della tradizione. Quando accettiamo che possiamo avere un'identità plurima, come dice bene Serena Marrocco nel suo saggio, possiamo rifiutare le convenzioni. Nell'incontro con l'altro le culture possono cambiare, trovare un nuovo modo di essere e una nuova definizione.
per questo dobbiamo rispettare la tradizione quello che ci ha tramandato la nostra terra d'origine incontrare i sapori osservare annusare ricordare Allo stesso tempo però quando entriamo a contatto con una cultura altra, con una persona diversa da noi, invece di giudicare possiamo provare, sperimentare, annusare, vedere, toccare, lasciarci guidare dall'altro.
forse non potremo capire alcune cose fino in fondo ma almeno possiamo dimostrarci curiosi, accoglienti e interessati possiamo rispettare le tradizioni dell'altro senza rinnegare le nostre bene le mie riflessioni di oggi terminano qui non sono nessuno per darti consigli su come vivere pensare e mangiare Questi resoconti, queste riflessioni sono un modo per esporti all'italiano mentre rifletti sul mondo e mentre anche io rifletto sulle cose. È una riflessione condivisa, insomma.
Grazie perché mi dai la possibilità di fare queste ricerche. Aspetta, aspetta un attimo, l'episodio non è ancora finito perché devo fare un'aggiunta. Bello è tutto quello che ho detto fino adesso, romantico, poetico, accettare, sperimentare, accogliere, osservare le abitudini dell'altro senza giudicare, ma ora devo fare una confessione. L'ho fatto caro amico o cara amica che mi ascolti, sono colpevole e mi scuso con i miei concittadini italiani.
Durante l'ultimo viaggio a Rio de Janeiro ho provato a mettere il ketchup sulla pizza. confessione fatta perché sì a Rio de Janeiro mettono il ketchup sulla pizza non in tutto il Brasile voglio specificare Lo so, un oltraggio. Però questa volta ho dovuto provarlo. E no, non mi piace e non lo capirò mai. Mi dispiace. Ecco, l'ho detto. Durante i miei soggiorni in Brasile ho però provato altri piatti squisiti legati alla culinaria e tradizione brasiliana. Buoni veramente!
Lì davvero ho sperimentato senza paura e senza paragonare il cibo con la mia esperienza italiana. Ho provato e ho mangiato cose squisite ricche di storia e tradizione. Ecco, la pizza poverina, lasciamola lontana dal ketchup. Non sono due cose che stanno bene insieme. Per spiegare i motivi posso fare un intero episodio. Per ora però terminiamo qui.
Spero che tu possa riflettere sul fatto che il cibo che scegli di mangiare e come lo mangi rappresenta un po' quello che sei e quello che vuoi essere, anche nell'accoglienza, anche nell'accettazione verso l'altro. Bene, fine. Abbiamo finito adesso, giuro. Va bene, dai. Ho concluso con un po' di ironia e spero di non aver offeso nessuno.
Vorrei ringraziare chi mi ha lasciato una recensione, ogni tanto le leggo e devo dire che ci sono pensieri e parole che mi commuovono e mi fanno sentire fortunata e privilegiata di averti all'ascolto. Qui è Linda Riolo di Piccolo Mondo Italiano. Alla prossima!